The Blaze: l’elettronica emozionale che abbatte i confini

I The Blaze dopo aver ridato smalto alla scena dance francese con l’album “DANCEHALL” tornano con “JUNGLE”, un lavoro liberatorio che cerca l’ottimismo in questi tempi oscuri.

“DANCEHALL” del 2018 fu quello che si definisce un debutto folgorante, resuscitò il cosiddetto french touch e portò i cugini Guillaume e Jonathan Alric – in arte i The Blaze – sotto i riflettori non solo con i loro beat, ma anche grazie al loro talento da registi.

Impossibile rimanere impassibili davanti ai video diretti dai The Blaze tra cui gli iconici “VIRILE” o “TERRITORY” sia per la decostruzione della mascolinità tossica che sprigionano che per quel senso di fratellanza che sconfina nell’omo-erotismo, in un mondo che non ha confini territoriali.

Nel nuovo album “JUNGLE” i cugini Alric esplorano nuovi territori, riscoprono rimti up lifting e un ritrovato entusiasmo sempre legato a quel senso di appartenenza ad una comunità che si è scelti per essere al 100% se stessi, e che scavalca i legami sanguigni.

Una danza dei sentimenti collettiva, liberatoria, quasi un rito a cui non si può resistere che sale come il ritmo di “DREAMER” una canzone dal ritmo ipnotico che ti travolge lentamente, fino a trascinarti in una danza che non conosce pregiudizi né inibizioni.

In attesa di vederli dal vivo in quello che sembra un rito dance collettivo, abbiamo intervistato i cugini Alric:

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Solo qualche anno fa eravate un misterioso duo senza volto che pubblicava un cortometraggio musicale dopo l’altro, facendo aspettare con impazienza la gente per ogni uscita. Vi sentite cambiati da allora?

Guillaume: Non so se siamo cambiati perché è successo tutto molto in fretta. Non abbiamo nemmeno fatto in tempo ad accorgerci di cosa ci stava succedendo con “DANCEHALL” che stavamo girando il mondo in tour.

Per questo secondo album siamo entrati in studio senza pressioni e abbiamo parlato molto, cercando di capire dove volevamo andare musicalmente. Siamo le stesse persone, gli stessi amici, gli stessi cugini!

Se penso al vostro primo album mi vengono in mente umanità, inclusione, emozione, poesia, danza, viaggio, intimità, nostalgia; pensate che questi temi siano ricorrenti anche in “JUNGLE”?

Jonathan: Direi di si perché sono i nostri ingredienti. Sono temi che ci toccano personalmente, che stanno dentro di noi, è li abbiamo esplorati anche in “JUNGLE”, anche se penso sia un album più diretto, più espressivo e che ti fa venire voglia di muoverti, è stato concepito proprio per essere suonato dal vivo.

Avete la capacità di esprimere sentimenti profondi con la musica abbinata alle immagini, la prima volta che ho visto il video di “DREAMER” ho avvertito un’energia, una specie di bisogno di evadere, come quando sei molto giovane e vuoi solo andartene in giro con i tuoi amici…

Guillaume: E’ esattamente questo, la storia è molto semplice, è quella di un ragazzo che vuole stare con i suoi amici e godersi il tempo ballando, andando in skate, è un tema che ci piace molto esplorare perché fa parte di noi.

Ovviamente “DREAMER” ha anche un risvolto più serio perché volevamo parlare di rifugiati senza essere troppo diretti, in questo album abbiamo esplorato anche temi difficili ma sempre in modo poetico.

Jonathan: Nel video abbiamo voluto prendere le distanze dalle immagini che vediamo in televisione o nei giornali tutti i giorni. Volevamo mostrare la vita di questo ragazzo nel suo paese, che si diverte con i suoi amici, e che ad un certo momento deve partire e lasciarli senza svelare il motivo.

Quello che più ci piace però è che lo spettatore guardando i nostri video si crei la propria storia. Quello che hai visto o provato guardando il video appartiene solo a te.

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Uno still dal video “DREAMER”

Parlando dei video come scegliete i personaggi, perché sembrano sempre così reali e intensi, sono attori o persone reali?

Guillaume: E’ il processo più lungo quello del casting, a volte sono persone comuni altri attori, ad esempio il protagonista di “DREAMER” si chiama Birane Ba ed è un attore di teatro riconosciuto.

Quando cerchiamo un attore la prima cosa che guardiamo è la sua capacità di esprimersi attraverso il suo corpo, vogliamo che le sue emozioni e la sua personalità esca dalla danza, chiediamo a tutti di ballare ai casting.

Se ci pensi nei video non c’è parlato, tutto è espresso dai corpi, noi cerchiamo persone che siano intense e allo stesso tempo fragili.

Il primo album era fumoso, per me è stato un po’ come ascoltare un disco trip-hop degli anni ’90 in cui ti perdi nella musica e nel ballo. Il nuovo album invece mostra un nuovo lato soprattutto con canzoni come “CLASH” , più vibranti e luminose, cosa vi ha spinto in questa direzione?

Jonathan: Ci abbiamo messo quasi tre anni a creare il disco, sai il secondo album può essere difficile perché mette molta pressione addosso, abbiamo cercato di non pensarci e di sperimentare facendo la musica che ci piace ascoltare.

Per quanto riguarda “CLASH” nello specifico era un periodo che stavamo ascoltando molto gli MGMT e abbiamo cercato di reinterpretare quel tipo di musica a nostro modo. E’ una canzone sicuramente diversa da quanto fatto prima, a cominciare dal fatto che ha una batteria vera, è un pezzo più pop e luminoso.

Non ci piace essere rinchiusi in un genere musicale, per i The Blaze è necessario variare, nell’album ci sono generi diversi, dark, techno, strumentale, e c’è anche un cantato simultaneo tra due voci che risulta quasi come un coro.

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The Blaze “JUNGLE” (Animal 63/Believe)

In “JUNGLE”, le tracce si evolvono attorno a un certo sentimento o stato d’animo che, in qualche modo, diventa immediatamente riconoscibile e con cui è facile relazionarsi . Come riuscite a tradurre questi stati d’animo nei video e nella musica?

Guillaume: Ovviamente le canzoni hanno un testo che cerchiamo di seguire anche se non alla lettera, nel video di “DREAMER” c’è questo ragazzo che è guidato dalle parole della canzone ma allo stesso tempo ha la sua storia personale. Ma non ci piace dare una lettura chiara delle cose.

Jonathan: Generalmente utilizziamo la musica come se fosse la sceneggiatura del video; la musica che ascoltiamo ha questo tipo di vibrazioni, è dark, è poetica, è euforica. Quando sentiamo queste vibrazioni nella nostra musica capiamo che è un buon inizio e cominciamo a pensare alle immagini e le usiamo per costruire la nostra storia.

Avete mai pensato di girare un lungometraggio?

Guillaume: Impieghiamo talmente tanto tempo per fare un video che non oso nemmeno pensarci! Forse tra vent’anni avrai un film dei The Blaze.

Facciamo un passo indietro al video che vi ha reso celebri: “V”. Un lavoro visivo che ha sovvertito gli stereotipi della mascolinità e hai fatto arrapare tutti i gay, tutti parlavamo di quel video. Come vedete la mascolinità oggi? Cosa significa per voi?

Jonathan: Penso che la mascolinità, essere un uomo oggi, significhi accettare le proprie emozioni e sentimenti indipendentemente dalla propria sessualità, dalla propria religione, dal colore della propria pelle, dalla propria mentalità, ecc.

Noi uomini abbiamo molto da imparare e molti sforzi da fare perché ci sono uomini che pensano che cosa va fatto e cosa no solo in base al proprio essere maschi. Bisogna distruggere questo cliché e guarire la nostra visione di cosa gli uomini devono o possono fare e renderci liberi.

Bisogna essere gentili e accettare le proprie emozioni qualsiasi esse siano, “VIRILE” parla di questo. Abbiamo cercato di farlo nel modo più naturale possibile in modo poetico senza forzare niente e nessuno.

Speriamo pian piano di riuscire a far arrivare il messaggio, di aver piantato un seme, ad esempio questo video ha toccato tantissime persone, anche giovanissime di dodici/tredici anni, è un buon modo di educare le nuove generazioni.

Uno still dal video “VIRILE”

L’ultimo album di cui ti sei innamorato:

Jonathan: Per me è molto difficile risponderti, per come viene fruita la musica oggi io stesso fatico ad ascoltare un album intero, tendo più a farmi guidare dall’algoritmo di Spotify che mi porta a scoprire nuove cose.

Guillaume: Vale lo stesso anche per me.